NEWS a cura di Cinematografo.it

<i>Il gioiellino</i>

04 marzo 2011

Scorrerà latte...

"Nella nostra politica nessun gigante", dice Molaioli. Che dal crac Parmalat trae un Gioiellino: anzi, "un groviera" thriller, da oggi in sala

"Altro che Gioiellino, era un fetta di formaggio coi buchi": Leda nella finzione, Parmalat (e non solo) nella realtà. Dopo La ragazza del lago, Andrea Molaioli va alla guerra dei latticini: con Remo Girone, alias Amanzio Rastelli (Callisto Tanzi), Toni Servillo, ovvero Ernesto Botta / Fausto Tonna, e "la ragazza del latte" Sarah Felberbaum, la sua opera seconda segue le orme del più grande crac europeo.Molaioli, partiamo dal titolo, Il gioiellino.Una chicca, una cosa bella e piccola, con tutti i requisiti per essere prestigiosa. Ma l'abuso del termine ne stravolge il significato: gioiellino si usa per tutto, anche per qualcosa di appena decente. Nello specifico?E' la definizione che il proprietario dà dell'azienda: anziché una grande fetta di formaggio coi buchi, è un gioiellino, un marchio prestigioso foraggiato dal sistema, anche mediatico, che gli ruota attorno. Ma nella sostanza era priva di valore.Leda o Parmalat?Chi vedrà ci leggerà quel che vuole. Per clamore e maestosità, la vicenda Parmalat ha elementi paradigmatici su quel che è stato, e forse è ancora, un sistema, una dottrina. Non del malaffare, ma di un certo tipo di gestione aziendale che aveva in sé l'esaltazione del trucco: il confine tra trucco e truffa è minimo, impercettibile. Ma Parmalat non è stata la nostra unica fonte di ispirazione.Ovvero? Parmalat ha la particolarità di essere italiana e insieme multinazionale, e ha rappresentato il più grande crac europeo. Ma in ballo ci sono anche altre vicende, come il caso Enron: pur con in mezzo l'oceano e un diverso management,  il  gioco è il medesimo, ciò che si produce conta poco rispetto ai movimenti finanziari. Una regola globale: se qualcuno la segnalava con diffidenza, si beccava una serie di insulti per esser retrogrado e conservatore, perché la chiave del futuro era la dottrina nordamericana della deregulation totale, l'idea che il mercato stesso facesse le regole.Non potevi contare su un finale a sorpresa: l'epilogo era già scritto.A prescindere dal finale, che non va rivelato, i miei protagonisti non sono feroci: mi interessava raccontare delle figure umane dentro un contesto, partendo dalla documentazione  e investigando con la fantasia. Volevo provare a immaginare quelle persone: sono loro il fuoco, viceversa, chi ha subito le conseguenze del crac non esiste nel film, perché rappresentava l'elemento più noto. Dove ti sei messo?Dove solitamente non si sta: in quelle stanze, con quelle persone, senza essere a favore, ma viaggiando con loro. La descrizione più o meno diabolica non la seguo: mi interessa poco da spettatore e ancor meno da regista, perché penso che i cattivi non ce l'abbiano scritto in faccia. Sarebbe fantastico se una volta individuati i cattivi, e loro lo erano, tutti i problemi finissero lì: consolatorio, ma il terreno Parmalat, seppur particolarmente fertile, avido e privo di scrupoli, non esaurisce la questione.  Rastelli, Botta e gli altri: che gente è?L'elemento di medietà non è trascurabile. Personalmente, ho sempre pensato che l'atteggiamento verso i capitani d'azienda fosse quello di una piccola comunità nei confronti del medico: lui parla, tu non lo contraddici, perché è il verbo, usa un linguaggio fatto di codici e a te manca il glossario minimo. Ma se vedi la coerenza delle affermazioni, se hai un elemento per decodificare e tradurre, allora capisci che se ci sono luminari, geni, c'è pure tanta gente normale, inadeguata e cialtrona. Solo nell'industria?Nella classe dirigente, anche quella politica, è molto difficile individuare dei giganti: senza essere presuntuosi, senza pensarsi al posto loro, perché non mi ci metto mai, ti aspetteresti che per raggiungere quei livelli servissero anni e anni di vita spesi a studiare, tanta abnegazione. Ebbene, non è così.Il crac Parmalat segna la perdita della vergogna.Appartiene allo sviluppo preso dall'Italia, laddove ci si poteva vergognare non solo di rubare ma anche di non sapere, ora c'è lo sberleffo verso chi sa. Hai impiegato male il tempo: mentre tu cercavi di sapere, io stavo qui a farmi ricco.Ottimista.E' l'aspetto più evidente ed eclatante perché arrogante e cafone, ma il Paese non è solo questo: lo penso, e lo spero.E' un Gioiellino misogino?Certo, perché la realtà che inquadra è fortemente maschilista: le donne possono fare le segretarie, non altro. Sul tema, in Italia siamo all'avanguardia, anzi, alla retroguardia:  anche prima dei casi di cronaca attuali, la raffigurazione più presente, se non mignottesca, è di una donna gioiellino, da portare addosso.

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