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Maria Grazia Cucinotta: <i>Un giorno nella vita</i>

11 gennaio 2011

Favola con Cucinotta

?E' una cura che fa bene all'anima?, dice l'attrice. Protagonista dell'esordio di Giuseppe Papasso, Un giorno nella vita

"Il mio obiettivo era rendere omaggio al cinema del passato, attraverso la favola di un mondo che non esiste più". Esordisce, così, Giuseppe Papasso, raccontando la genesi della sua opera prima, Un giorno della vita, che arriva dopo oltre 50 documentari.In sala dal 14 Gennaio con Iris Film, distribuito già in 30 copie (che diventeranno presto 50), il film ruota attorno alle vicende di Salvatore, un bambino lucano degli anni '60, innamorato del cinema e non curante dei conflitti che questo genera con il padre, un comunista che sogna la rivoluzione. In nome della sua viscerale passione, arriverà a tradire la fiducia della sua famiglia, coinvolgendo gli amici di sempre e la fidanzatina in un furto a fin di bene. "E' una piccola storia con grandi tematiche", sottolinea il regista, che non intende nascondere i riferimenti ai modelli cinematografici di cui la pellicola è pervasa. Da I 400 colpi di Truffaut a Guareschi, passando per il Tornatore di Nuovo cinema Paradiso e il Salvatores di Io non ho paura, si susseguono citazioni sia iconografiche che contenutistiche."Siamo in Basilicata nel 1964 - prosegue - un anno fondamentale per il costume e la società italiani: i funerali di Togliatti, il primo topless, il Concilio, la fioritura delle sale parrocchiali costituiscono un ipertesto che fa parte del mio immaginario infantile".Lo stesso che ha spinto Maria Grazia Cucinotta ad accettare il ruolo di Amelia, costruito su misura per lei. "Il mio personaggio - racconta l'attrice -  possiede la forza tipica delle donne del Sud, con il cui esempio sono cresciuta fin da piccola; quelle donne che riescono ad essere le colonne portanti della famiglia, pur non mettendosi mai in competizione con gli uomini". "Le manager in carriera di oggi - incalza - vincono nel lavoro, ma perdono nella vita".  "E' stato difficile dal punto di vista organizzativo e produttivo lavorare con dei minori, per giunta esordienti – confessa Papasso – ma siamo riusciti a creare un intenso rapporto di affetto e di stima, lasciandoci contagiare dalla loro innocenza".E mentre Ernesto Mahieux ricorda con un ironia il mitico Don Camillo, alla cui furbizia si è ispirato per interpretare Don Michele, il parroco del paese, Alessandro Haber sottolinea l'importanza di mettersi costantemente in gioco. "Sarebbe facile - spiega l'attore - scegliere solo i film di cassetta, quelli di De Laurentis, per intenderci,  ma amo le sfide e senza il confronto con gli emergenti non avrei la possibilità di continuare a sognare".  "La pellicola di Papasso - conclude la Cucinotta - piacerà ai grandi e ai piccoli proprio perché riesce a restituire la spontaneità e la freschezza del mondo visto attraverso occhi di un bambino".

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