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<i>Les Petits Mouchoirs</i>

29 ottobre 2010

Piccole bugie tra amici

"Andiamo avanti senza pensare mai alla vita che stiamo vivendo. Poi il destino t'inchioda", dice Guillem Canet. Che porta fuori concorso Les Petits Mouchoirs dei record

Un'estate a Cap Ferret, grande casa sul mare. Un gruppo di amici parigini vi si riunisce ogni anno per passare le vacanze. Questa volta l'atmosfera è diversa: uno di loro lotta tra la vita e la morte in ospedale, mentre tra quelli che sono riuniti serpeggia tristezza e nervosismo. E qualche bugia di troppo. Sono le commoventi Les Petits Mouchoirs che Guillaume Canet racconta a Roma, dove l'attore e regista transalpino - tra i più quotati in Francia - si presenta fuori concorso. Nel 2002 aveva diretto e scritto, con Philippe Lefèbvre, il suo primo lungometraggio, Mon Idole (Whatever You Say). Nel 2006 con Ne le dis à personne (Tell No One) aveva ottenuto 4 César, fra cui quello per la Miglior regia. Les Petits Mouchoirs, è il suo terzo film dietro la macchina da presa e in Francia - dove è uscito il 20 ottobre - è diventato subito un caso, con incassi record. Canet non nasconde la sorpresa per questo enorme successo e confessa che sta già pensando di realizzare un sequel. Il suo è un film molto personale che nasce dall'analisi di un'esperienza di vita, quando, costretto in ospedale a causa di un setticemia, ha riflettuto su se stesso e la vita che stava vivendo. "Quando una persona vive la sua vita senza mai fermarsi a pensare - dice Canet - inizia a raccontare bugie agli altri e a se stesso, a mostrare solo una parte di sè, mai quella più autentica. Ci si ritrova a nascondere la polvere sotto il tappeto". Il film è così diventato uno scavo nella sua interiorità: "Le relazioni personali nella vita moderna - continua - sono digerite rapidamente senza assaporare i singoli momenti di felicità o di dolore. Proprio per questo motivo Marie (Marion Cotillard, ndr) vive il sesso in modalità fast food, senza dargli importanza: mente agli altri e a se stessa buttandosi a capofitto in relazioni instabili, occasionali, futili". Canet, che ha scritto da solo e di getto la sceneggiatura, accusa "tutti noi concentrati sui nostri interessi mentre rimandiamo le parole di affetto, la chiamata all'amico, al parente, a un domani. Poi un giorno qualcosa di tragico accade e capiamo finalmente che la vita è fragile e che la dobbiamo assaporare lentamente". Come è stato lavorare con la fidanzata, l'affascinante e talentuosa Marion Cotillard? "Perfetto", risponde Canet, "in un film così personale avevo bisogno di persone che amavo vicino a me. Anche se Marion è stata più esigente rispetto agli altri attori". che sono star di livello assoluto in Francia, da Francois Cluzet a Benoit Magimel, da Gilles Lellouche a Jean Dujardin, senza dimenticare Laurent Lafitte e Valerie Bonneton.Non ha voluto musica originale nel suo film perché voleva che le emozioni venissero fuori solo dai personaggi e che non fossero veicolate da una musica che ne crea altrettante. E sul suo doppio status, di attore e regista: "Ho sempre voluto dirigere, prima ancora di essere attore. Già a sedici anni realizzavo corti in Super8. Poi ho capito che per essere un bravo regista dovevo studiare recitazione, capire la gestualità, l'espressività di un attore. Così ho frequentato un corso di arte drammatica. Recitare soddisfa il mio bisogno di esprimere fisicamente le emozioni". Dai suoi attori Canet pretende massima libertà e autenticità nelle espressioni e nei comportamenti. I maestri sono Chabrol, Truffaut, Renoir e tutto il cinema americano degli anni '70. E comunque più il cinema del passato che quello moderno. Infine dice la sua anche sulla protesta che ieri ha riunito tremila addetti ai lavori dello spettacolo e del cinema italiano nella cavea dell'auditorium: "Ho voluto prendere parola ieri sera perché mi sento coinvolto in quanto attore e regista e perché sono convinto che un paese senza cultura è un paese finito. Cinecittà e il cinema italiano sono patrimonio del mondo. Assurdo che il governo non se ne accorga".

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