NEWS a cura di Cinematografo.it
05 settembre 2010
Niente paura, c'è Ligabue!
"Filo conduttore? La Costituzione", dice Piergiorgio Gay. Che mette in Mostra l'Italia civile sul basso continuo rock
"Vorrei augurare la buona notte a tutti quelli che vivono in questo Paese ma che non si sentono in affitto, perché questo paese è di chi lo abita e non di chi lo governa". Così Luciano Ligabue chiude i suoi concerti; così Piergiorgio Gay ne ha tratto spunto per Niente paura, che Bim porterà in sala il 10 settembre dopo il fuori concorso alla Mostra di Venezia.Da don Ciotti a Stefano Rodotà, da Giovanni Soldini a Carlo Verdone, il documentario lega uomini e donne - "Non ci sono politici di professione, ma l'Italia civile" - alle canzoni del Liga, passando in rassegna gli ultimi 30 anni d'Italia: "Non è un lavoro storico, mancano molte cose, perché sono le persone il motore primo della storia: dalla ragazza albanese che con 20mila connazionali sbarcò a Bari nel '91 sulla nave Vlora a Ligabue, che, come ha già rivelato in Da zero a dieci, avrebbe potuto trovarsi alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980. E' un film arbitrario, nasce dall'esperienza delle persone: sono testimoni del tempo e della loro storia personale, non dei maestrini", puntualizza Gay. Che rivela perché ha voluto Luciano Ligabue quale voce e musica principe: "Per un vissuto, un sentimento che percepivo comune: come me, ha un amore contrastato per questo Paese. Pur non essendo un musicista politico in senso stretto, nei suoi concerti, quando canta Non è tempo per noi sul maxischermo sono proiettati gli articoli della Costituzione italiana e per Buonanotte all'Italia scorrono i visi di chi ha fatto qualcosa per questo Paese". Perché l'assunto di fondo del doc è che la musica popolare possa raccontarci: "Ho dovuto trovare un musicista popolare, e il Liga mi è sembrato il più giusto. Poi, ci sono motivi di cuore: gli piacciono gli Stones, è interista… Sono affinità, appartenenze comuni, che ti fanno capire che suoni lo stesso strumento". Da Margherita Hack a Paolo Rossi e Umberto Veronesi, "a guidare – dice Gay - è un filo anarchico, ma l'emozione passa da una parte all'altra: penso alla battaglia perseguita da Beppino Englaro per 15 anni, alla perseveranza di Sabina, la figlia di Guido Rossa, a Umberto Veronesi che parla del testamento biologico". Comunque, il minimo comune denominatore c'è, e forte: "Senza sollecitazioni esterne, alla fine tutti finivano su un articolo della Costituzione: come dice Veronesi, per i laici è quello il codice, mentre Englaro, sorprendentemente, non ha citato l'articolo 32, ma il 13, quello sulla libertà individuale, e Fabio Volo ha voluto leggere il 36°, quello sulla giusta retribuzione. Che, aggiungo, riguarda pure noi registi…".
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