NEWS a cura di Cinematografo.it

Il regista Amos Poe

04 settembre 2010

Esperimento Poe

"Uno studio sul movimento dell'immagine in movimento", aveva detto a Tertio Millennio il regista americano. Ora che la sua Commedia fa sosta a Venezia, ci si chiede dove sia andato a parare...

Amos Poe non è un uomo semplice. Quando qualche mese fa era stato invitato a Roma, al convegno di studi Tertio Millennio (gli atti sono stati pubblicati di recente nel volume La realtà dopo il cinema, a cura di Silvio Grasselli e Serafino Murri, ed. Fondazione Ente dello Spettacolo), il maestro del cinema underground aveva tenuto una lectio magistralis di altissimo livello sullo stato del cinema indie e, rivolto alla platea, si era soffermato su tre questioni non certo anodine: in che modo il movimento ha attraversato la storia del cinema? Perchè 24 fotogrammi al secondo sono ciò che lo spettatore riconosce come reale? Esiste qualcosa di simile al movimento soggettivo? Aggiungendo: "A questo penso mentre lavoro al mio nuovo film, La commedia, un tentativo di mettere alla prova e comprendere cosa sia il "movimento" dell'immagine in movimento". Ora che il film è pronto - ispirato come si sa al capolavoro letterario di Dante Alighieri e a The Horse in Motion di Eadweard Muybridge - e andrà ad arricchire il cartellone del fuori concorso veneziano, la domanda è lecita: sarà riuscito l'indomito Amos a ricreare un oggetto in movimento - il film - prescindendo dal movimento reale (i 24 fotogrammi al secondo)? E poi un dubbio: siamo sicuri che l'etichetta "soggettivo" non sia il paravento per un'operazione talmente personale da non poter essere capita da nessun altro?Dal canto suo Poe aveva cercato allora di spiegare quale meccanismo vi fosse alla base di tutta l'operazione: "Ne La commedia uso i singoli fotogrammi in modo astratto: ciascun fotogramma è narrativo al suo interno e non ci sono tagli, solo dissolvenze. Nessun fotogramma rimane sullo schermo indipendentemente da un altro, così l'occhio dello spettatore è costantemente costretto a cercare di distinguere i diversi livelli visivi o ad arrendersi alle immagini multiple e ad aggiungere così le immagini "mancanti" rispetto alla comprensione del flusso narrativo, che, com'è ovvio, è una traduzione del poema di Dante. In questo modo spero di riuscire a creare un'illusione di realtà, una metafora, un'allegoria della realtà nella quale il "reale" esiste nella mente dello spettatore invece che sullo schermo". Insomma, da quello che si può capire, il movimento soggettivo è il preludio a un film relativo, nel senso che ogni spettatore cercherà di dare coerenza al flusso di immagini spurie e senza nesso immettendevi le proprie. Colmando i gap di senso.In questo modo Poe avrà svelato come il vero deus ex machina del cinematografo sia sempre stato il pubblico. E ci avrà chiarito una volta per tutte cosa si debba intendere - al di là del low-budget, dell'impegno e del pauperismo "a la carte" - per buon cinema indipendente: è quello che può fare a meno non solo di grossi produttori, ma financo di veri registi.

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