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26 febbraio 2010

Riondino su Martone

a cura di Cinematografo.it

"Forse il Mazzini di Noi credevamo farà arrabbiare i piemontesi", dice l'attore. A Roma, Aspettando il festival...

"Noi credevamo, il film di Mario Martone, racconta trent'anni fondamentali per la storia d'Italia. Parla di tradimenti, congiure e dell'amor di patria. Non sarà noioso, c'è molta azione tra bombe e sparatorie. Si vocifera che andrà al Festival di Cannes".  Lo racconta Michele Riondino, ai ragazzi dell'Istituto Professionale Federico Cesi di Roma, nell'incontro "Aspettando il Festival", organizzato dalla Fondazione Cinema per Roma e Alice nella città."Io interpreto un soldato che diserta l'esercito sabaudo per unirsi ai garibaldini – prosegue Riondino, rispondendo alle domande del critico Alessandra De Luca, che ha moderato l'incontro - Il Risorgimento noi non lo conosciamo, anche perché è un periodo di una complessità tale che è difficile comprenderlo, però è importante lo si faccia soprattutto ora che compiamo 150 anni. Quello di Mario sarà un film accessibile ed oltre al cinema sarà visto anche in tv. Martone ha cercato di raccontare la storia d'Italia, quando Mazzini era considerato un terrorista che cospirava contro i piemontesi. Non so se questo film farà arrabbiare qualcuno. Forse si arrabbieranno i piemontesi".Riondino ricorda anche gli altri imminenti impegni professionali. "Uscirà presto Henry di Alessandro Piva, una storia tragicomica sull'eroina, dove io interpreto la parte di un tossico – ha detto – Mentre a marzo sarò sul set della fiction in sei puntate Il segreto dell'acqua di Renato De Maria, con Riccardo Scamarcio. E' la storia di un agente della Dia che da Roma viene trasferito a Palermo dove ritrova dopo molti anni il padre che è capomafia".Rispondendo agli studenti, Riondino torna infine sugli inizi della sua carriera: "La mia passione è sempre stata la recitazione. I miei amici, però, suonavano. Ho provato a entrare nella band con loro, ma mi hanno buttato fuori dal gruppo, è stato così che ho iniziato a recitare. All'inzio salire sul palco mi sembrava impossibile a causa della mia timidezza. Poi mi hanno insegnato che potevo usare quella timidezza come punto di forza. Potevo fingere di essere qualcun altro, far finta di non essere timido. La recitazione per me è un gioco".

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