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21 ottobre 2009
Vision von Trotta
a cura di Cinematografo.it"Hildegard von Bingen per noi č rivoluzionaria, ma lei non si sarebbe mai definita cosė", dice la regista tedesca. In Concorso con la storia di una mistica medievale
"Hildegard von Bingen per noi è rivoluzionaria, ma lei non si sarebbe mai definita così. Sin da piccola ha avuto queste visioni che la portavano di colpo in un altro mondo". Così Margarethe von Trotta introduce (in perfetto italiano) la figura della monaca benedettina narrata nel suo film Vision: un progetto nato nell'ambiente ancora pregno di femminismo degli anni '80 e solo temporaneamente abbandonato per la difficoltà di reperire i fondi necessari."Ho fatto tanti film sulle donne nel nostro secolo, così mi è venuta voglia di andare più indietro e raccontare una figura femminile che in un altro tempo sarebbe potuta essere Rosa Luxemburg. Non si può scegliere l'epoca in cui si nasce, ma Hildegard già nel Medioevo ebbe il coraggio di aprire la bocca, anche se non lo fece dicendo ‘io voglio…' o ‘io penso…', ma ‘Dio vuole attraverso di me'". Un personaggio complesso, spiega dunque von Trotta, che non sembra convinta della natura mistica delle sue visioni: "Sono per l'ipotesi del neurologo Oliver Sacks. Spesso si sono osservati fenomeni del genere dovuti a epilessia o a forti emicranie. In realtà, tutto dipende da ciò in cui si crede. Se si ha fede in Dio, allora si sarà convinti che quelle visioni venivano da Dio. Se invece, come me, si crede in ciò che le persone portano dentro, allora si sarà più propensi a credere che quelle immagini venivano da dentro".E questo è forse anche il motivo per cui Hildegard è descritta in un modo molto moderno, per quanto fedele alla sua biografia: "Un film su un personaggio del passato si fa sempre con gli occhi di oggi, non posso mettermi davvero nella pelle di una donna del Medioevo. Ho cercato di sottolineare cosa di lei può ancora suscitare interesse, come la sua passione per la medicina alternativa o per la cura della natura, e naturalmente il suo monito rivolto a Barbarossa, a cui consigliò di diventare un governatore giusto, non solo avido di potere e ricchezza: una frase che oggi andrebbe ripetuta sempre". Non per questo, però, la regista ha voluto cedere a facili sensazionalismi o a insinuazioni riguardo allo stretto rapporto tra la protagonista e una delle sue sorelle benedettine. "Se avessi fatto una storia sul lesbismo, sarebbe stato sicuramente più remunerativo dal punto di vista commerciale", dichiara infatti Trotta, che invece ha preferito dipingere il ritratto di una donna forte ma inserita nel suo tempo, in cui "per ottenere ciò che voleva dagli uomini, era costretta a mostrarsi debole o, come si dice in tedesco, a nascondere la sua luce sotto i propri piedi".
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