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<i>Anamorph</i>

26 giugno 2009

Weekend al cinema

a cura di Cinematografo.it

L'America oggi di Crossing Over? Già vista. E di sorprese difettano anche il frastornante Transformers e l'orrido Anamorph

La fatica di essere americani. Clair Shepard (Alice Eve) è una giovane australiana che baratta il proprio corpo per un permesso di soggiorno; Gavin Kossef (Jim Sturgess) è un musicista inglese che recita la parte dell'ebreo ortodosso pur di lavorare in una scuola a stelle e strisce; Mireya Sanchez (Alice Braga) è un'operaia messicana che rischia la pelle per attraversare il confine messicano e ricominciare una nuova vita negli States; Taslina Jahangir (Summer Bishil) è una ragazzina bengala che prende troppo alla lettera il mito della libertà d'espressione e finisce per macchiarsi di correità idelogica con i terroristi della Jihad; Mag Brogan (Harrison Ford) è un agente dell'Immigration and Customs Enfocement di Los Angeles che decide chi può entrare e chi no in America. Sono solo alcuni dei personaggi e delle storie che compongono l'intricato mosaico di Crossing Over di Wayne Kramer, da oggi nelle sale italiane. Tipica produzione americana post-11 settembre: ideologicamente debole, emotivamente dolente (qui si riflette sulla difficoltà di credera ancora nella bandiera del melting pot) strutturalmente ingegnosa, persino troppo. Coralità e destino sono le marche - da Inarritu a questa parte - della nuova (o già vecchia?) autorialità hollywoodiana che, spesso supportata dalla presenza di bravi attori (e qui le star abbondano: da Ford a Ray Liotta passando per Jim Sturgess e Ashley Judd), continua a giocare furbescamente con l'attualità proponendone rappresentazioni onnicomprensive e, loro malgrado, fasulle: la complessita del mondo e le sue enigmatiche interconnessioni si riducono quasi sempre a un macchinoso gioco di specchi che ha la pretesa di restituirci tutto il reale grazie all'accumulo di episodi esemplificativi e personaggi simbolo ineluttabilmente intrecciati. Il paradosso è che la sovrapposizione di tanti punti di vista non ne genera nessuno, mentre la responsabilità che dovrebbe presiedere alla messa in immagini di problemi così delicati si eclissa dietro costruizioni affascinanti sì, ma di maniera. Bocciato. Come lo è del resto il nuovo Transformers di Michael Bay che perlomeno non ci propina messaggi profondi o ardite psicologie. I suoi robot sono quello che mostrano di essere: giocattoloni visivamente stupefacenti a cui è richiesto solo di darle di santa ragione. Gli esseri umani - da Shia LaBeouf a Megan Fox - ci sono ma potrebbero anche non esserci. Il film è un pesantissimo e roboante artificio tecnologico - tutto effetti e dinamismo - che se avesse un minimo di consapevolezza potrebbe farsi metafora dello spreco e dell'inutile nell'estetica hollywoodiana. Se l'avesse, appunto. Comunque se siete tra coloro che si divertono a spaccare le cose o farsele spaccare questo è il film che fa per voi. Per tutti gli altri segnaliamo l'uscita del francese La donna di nessuno, che parla di escort come fanno da un pò anche le nostre cronache politiche e mixa il giallo e il sentimentale nel tipico gusto moderno di mescolare tutto sperando che qualcosa di nuovo esca fuori. Non è questo il caso. Non lo è nemmeno quello di Ritorno a Brideshead di Julian Jarrold, calligrafico e lettarario come un film di Ivory, pretenzioso come il peggior cinema italiano di questi anni. La storia: Charles Ryder viene invitato da un suo aristocratico compagno di università, Sebastian Flyte, a trascorrere una vacanza nel lussuoso castello di Brideshead, dimora della sua casata. Il sontuoso e affascinante mondo dell'aristocrazia inglese intriga Charles ma a coinvolgerlo fino a perderlo del tutto sarà l'amore per l'amico. Anamorph invece, che esibisce un Willem Dafoe a disagio come detective della omicidi coinvolto in un ridicolo caso di ammazzatine seriali, propina le solite paure e infonde solo orrore estetico. Da dimenticare. Non è memorabile neppure Tutti intorno a Linda di Barbara e Monica Sgambellone che pasticcia di forma e concetto nell'inscenare le tribolazioni di una trentenne quando scopre che l'unico rimedio alla sua rarissima infiammazione all'endometrio è rimanere incinta. Non sarà il peggior cinema italiano di cui parlavamo sopra, ma vi è pericolosamente vicino.

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