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19 marzo 2009

Cattiva stampa

a cura di Cinematografo.it

"I giornalisti italiani? Nè corrotti né coraggiosi" dice Claudio Sabelli Fioretti. Inviato speciale all'Alba Film Festival

"Il dolce profumo del successo" è il titolo originale di Piombo rovente, film cult di Alexander Mackendrick con Tony Curtis e Burt Lancaster, ma si potrebbe anche definirlo senza troppa difficoltà come la sintesi della facile perversione a cui da sempre vanno incontro alcune passioni umane. Traendo spunto da questa pellicola incentrata sul marciume della stampa americana negli anni '50, la sezione eXistenZe dell'Alba Film Festival ha chiamato a dare la propria testimonianza Claudio Sabelli Fioretti, una delle firme più note del giornalismo italiano e celebre intervistatore per Corriere della sera Magazine. La degenerazione del potere mediatico, fenomeno tra i più caratteristici e preoccupanti della modernità, in effetti ha costituito fin da subito un precoce spunto di indagine cinematografica. Per quanto mal funzionante, pigra e asservita, avverte però Sabelli Fioretti, la stampa italiana "non raggiunge quei livelli di corruzione raffigurati nel film. Nella mia esperienza ho imparato che i regali sono all'ordine del giorno" ma si tratta per lo più di piccoli tentativi d'imbonimento che non condizionano più di tanto il lavoro del giornalista. I veri problemi sembrano altri: "Viviamo in un periodo vergognoso, dove si cerca di interrompere la pubblicazione delle intercettazioni se non le intercettazioni stesse. E tutto nel nome della privacy, ma solo di quella di quattro potenti: nessuno si è mai preoccupato di violare la privacy di un immigrato". Altra questione scottante sono le varie forme di auto-censura, perché le nuove leve sono sì sempre più istruite alla professione, ma "dovrebbero essere più coraggiose", mentre spesso se ne restano lì, "ferme nel loro schermo, a subire ogni tipo di pressione non dall'esterno ma dalle loro stesse testate". Sabelli Fioretti rimpiange la buona regola "della seconda domanda", cioè l'arte di insistere sul proprio punto quando gli intervistati cercano di sviare: "In tv non ormai non sanno più nemmeno cosa sia. Ci sono giornalisti che addirittura cominciano le interviste chiedendo al loro ospite come sta. Una presa in giro". Così la realtà supera silenziosamente le tetre visioni cinematografiche del "quarto potere". Ma se nei sondaggi i giornalisti risultano la categoria meno ben vista, Sabelli Fioretti assicura che "sotto la stampa ci sono senz'altro i politici. Poi vengono i giornalisti che fanno anche politica, che sono davvero i peggiori di tutti".

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