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<i>Once</i>

29 maggio 2008

Once upon a time...

a cura di Cinematografo.it

Benedetta dagli Oscar e da Spielberg, ecco la favola di John Carney: "Canto l'amore multiculturale"

Non capita tutti i giorni, di colpire la fantasia di Steven Spielberg: l&#146;irlandese John Carney, ex musicista, c&#146;è riuscito con il suo Once, in uscita il 6 giugno con la Sacher di Nanni Moretti (che lo distribuisce in trenta copie). &#147;Un piccolo film che mi ha dato ispirazione per tutto il resto dell&#146;anno&#148;, ha confessato il regista di Indiana Jones: e visto il boxoffice milionario del blockbuster, al giovane collega &#147;non dispiacerebbe una percentuale sugli incassi&#148;. Ma anche senza i soldi di Spielberg, Carney può dirsi fortunato: ha scritto e diretto la storia (probabilmente d&#146;amore) di due ragazzi che s&#146;incontrano a Dublino condividendo la comune passione per la musica. E con questo film così minimalista ha conquistato prima il pubblico del Sundance, e poi l&#146;Oscar per la miglior canzone originale: che è andato a Falling Slowly, ma avrebbe potuto premiare uno dei tanti altri brani inclusi nella colonna sonora composta dal protagonista Glen Hansard. E la musica, nel film, ha un ruolo determinante: &#147;La scena musicale che racconto, spiega il regista, non è quella degli U2 o dei Cranberries, ma un&#146;industria casalinga: mi ricorda i miei esordi da musicista, negli anni &#146;80, e poi i tempi in cui con Hansard suonavamo nella band The Frames&#148;. Molti gli spunti autobiografici del film: &#147;Anch&#146;io, come il protagonista, avevo una fidanzata che viveva a Londra, e ogni giorno vedevo per strada ragazze bellissime: non solo irlandesi, ma anche immigrate dell&#146;Est come il personaggio interpretato da Markéta Irglová. Mi piaceva raccontare una storia d&#146;amore multiculturale&#148;. Ma sono state soprattutto le canzoni, a decretare il successo del film: &#147;Costruiscono un filo narrativo, un processo organico: mi sono limitato a suggerire i toni e le atmosfere che cercavo, lasciando molta libertà sui temi&#148;. E chissà, la musica potrebbe tornare protagonista dei prossimi film di Carney: &#147;Vorrei realizzare un biopic su Stevie Wonder, e poi mi piacerebbe fare un film pieno di jazz, oppure un musical classico come Cantando sotto la pioggia, perché quelli di oggi, alla Moulin Rouge, mi lasciano freddo&#148;. Ma intanto il successo di Once (&#147;L&#146;Oscar ti spalanca le porte, per i produttori è quello il metro di giudizio&#148;), e gli incassi sorprendenti – dieci milioni di dollari soltanto oltreoceano – stanno portando Carney sul set del suo primo film americano: &#147;Si chiamerà Town House, è la storia dark di una ragazza che soffre di agorafobia&#148;. Ma a chi teme una deriva hollywoodiana, questo talento europeo assicura: &#147;Continuerò a fare piccoli film, che mi somiglino e che senta vicini da un punto di vista emotivo&#148;.

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